«Ignoravo totalmente che il leone fosse conosciuto e fosse il
preferito (del parco), che avesse sul corpo un segnalatore e fosse
oggetto di studi prima della fine della caccia». Pur ammettendo di aver ucciso Cecil,
il dentista statunitense Walter Palmer cerca di giustificarsi mentre
gli animalisti chiedono giustizia da ogni parte del mondo.
Lui, 55enne del Minnesota, ha rilasciato un comunicato dopo essere
stato identificato dalle autorità dello Zimbabwe, che lo starebbero
ricercando. L’uomo sostiene di non essere stato ancora contattato,
neppure dalle autorità statunitensi. «Sono profondamente rammaricato
dalla morte di questo leone. Adoro e pratico con responsabilità questa
attività, sempre nel rispetto della legalità», aggiunge.
Nel 2008 Palmer (nel cerchio rosso in un’immagine d’archivio), sposato e padre di due figli, fanatico della caccia con l’arco, dovette dichiararsi colpevole dopo essere stato rinviato a giudizio per aver abbattuto due anni prima un orso nero a
oltre 60 chilometri di distanza dall’area per la quale gli era stata
rilasciata la licenza, e aver mentito a tale riguardo agli inquirenti:
gli furono inflitti un anno di libertà condizionata, una multa da circa 3.000 dollari e la restituzione dei resti del plantigrado.
Ora rischia davvero grosso visto che Cecil era un maturo leone molto
conosciuto nel Paese d’origine, quasi un suo simbolo, amatissimo da
turisti e appassionati di natura, e per di più coinvolto in un programma
di ricerca biologica condotto dall’Università di Oxford. In Zimbabwe
sono già stati fermate due persone che lo avrebbero aiutato nell’impresa,
un cacciatore professionista (nella foto sotto) e un fattore locale,
comparsi in tribunale e rilasciati su cauzione. I due dovranno
comparire di nuovo in aula il 5 agosto e rischiano fino a 15 anni di carcere. Palmer ha lasciato lo Zimbabwe ma potrebbe comunque dover affrontare accuse formali.
Uccidere Cecil, come spiegato da Zimbabwe National Parks and Wildlife
Authority e Safari Operators Association, è stato illegale perché il
proprietario della fattoria in cui è avvenuta l’uccisione non aveva un
regolare permesso di caccia. I cacciatori avrebbero attirato di notte
con un’esca il leone fuori dall’area protetta (dentro il parco non
avrebbe potuto essere cacciato) e lo avrebbero ferito con arco e
freccia.
Dopo 40 ore di agonia Cecil sarebbe stato trovato e quindi finito con un fucile,
per poi essere decapitato e scuoiato. Il collare Gps è stato
semidistrutto. I «trofei» di caccia sono stati confiscati e potrebbero
essere usati come prova nel processo.
Durissimo il giudizio delle associazioni ambientaliste e dei comuni
cittadini. La pagina web dell’attività lavorativa di Palmer è stata
presa di mira con commenti e vignette al vetriolo. Sui social network,
Twitter in particolare, sono migliaia i post di indignazione degli
utenti e l’hashtag #CecilTheLion è schizzato in testa agli argomenti di tendenza. Volantini e biglietti ingiuriosi sono stati recapitati anche sulla porta di ingresso dello studio di Palmer,
a Bloomington nel Minnesota, ora piantonata dalle forze dell’ordine. E
le petizioni online, compresa quella sul sito della Casa Bianca,
raccolgono di ora in ora un numero impressionante di adesioni.
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